Semplifichiamo subito la questione:
Se ricevi una cartella di pagamento via PEC senza firma digitale, devi pagarla comunque?
La risposta, come spesso accade nel diritto tributario italiano, è: dipende… ma non dovrebbe accadere.
Vediamo perché. E soprattutto, cosa puoi fare.
1. Il contesto normativo: la PEC nel sistema di notifiche
Con l’art. 26 del D.P.R. 602/1973, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può notificare le cartelle di pagamento anche in modalità telematica, quindi via Posta Elettronica Certificata (PEC).
Questo strumento, ormai standard per imprese, professionisti e PA, ha valore legale e ha lo scopo di semplificare e velocizzare le comunicazioni ufficiali.
Il vero punto è: la validità della notifica via PEC dipende dalla regolarità tecnica e formale del documento inviato.
2. Firma digitale: quando è obbligatoria
Secondo il CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005), in particolare agli articoli 20 e 21, i documenti informatici possono sostituire a tutti gli effetti quelli cartacei solo se firmati digitalmente.
Art. 21, comma 2 CAD: “Il documento informatico sottoscritto con firma digitale o con altro tipo di firma elettronica qualificata ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile”.
Tradotto:
Se mi mandi una cartella di pagamento via PEC, deve essere un atto autentico e immodificabile. E questo si ottiene con la firma digitale.
3. Cosa succede se la cartella non è firmata digitalmente?
La Cassazione si è più volte espressa sull’argomento.
Con la sentenza n. 1911/2022, la Suprema Corte ha dichiarato inesistente la notifica di una cartella di pagamento se l’allegato PEC non è sottoscritto digitalmente, in quanto non garantisce l’immodificabilità e la provenienza del documento.
Cass. Civ., Sez. VI, 24 gennaio 2022, n. 1911: “In mancanza di firma digitale, il documento non può ritenersi proveniente dalla pubblica amministrazione”.
È un po’ come ricevere una multa su carta... fotocopiata da qualcuno, senza timbri, firme o protocollo. Vale qualcosa?
4. La trappola: molte cartelle “nude” vengono comunque notificate
Molti contribuenti ricevono cartelle via PEC in formato .pdf semplice, senza .p7m, senza firma digitale, magari allegati a una mail con oggetto intimidatorio tipo:
“Notifica di atti esecutivi: URGENTE”
Questo metodo può apparire ufficiale, ma non è regolare. Eppure, tanti si spaventano e pagano comunque.
Qui entra in gioco la consapevolezza del contribuente.
5. Cosa fare se ricevi una cartella via PEC senza firma digitale
-
Non pagare d’istinto.
Prima verifica la regolarità della notifica. -
Controlla il file:
Se non è firmato digitalmente (es. manca l’estensione .p7m o la verifica tramite software Dike/Aruba dice “non firmato”), puoi contestarne la validità. -
Conserva la PEC ricevuta:
È la prova dell’irregolarità. - Consulta un consulente (meglio se già formato con il Metodo Sempi) che sappia riconoscere l’illegittimità formale e impostare un’istanza di annullamento o ricorso tempestivo.
- Puoi presentare ricorso alla Commissione Tributaria entro 60 giorni dalla notifica, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 546/1992.
6. E se nel frattempo scatta il pignoramento?
Eh, qui il tempo è nemico. Se non contesti subito, l’atto diventa definitivo e il fisco può agire anche in maniera forzata, pur se viziato all’origine.
Il principio è chiaro: non basta che l’atto sia illegittimo. Serve che tu lo dimostri nei termini di legge.
Puoi anche scrivere una PEC agli Enti interessati citando la tutela del Garante del Contribuente come previsto dagli art. 12 e13 della Legge 212/2000
7. Il consiglio Sempi
Ogni volta che ricevi un atto via PEC, fai questi 3 check:
- È firmato digitalmente?
- È leggibile, coerente e completo?
- Rispetta i riferimenti normativi citati (es. art. 26 DPR 602/73)?
Se anche uno solo di questi elementi manca, hai il diritto (e il dovere) di contestarlo.
Conclusione:
Il fisco ha strumenti sempre più digitali. Ma anche il contribuente ha diritto alla regolarità.
Una notifica fatta male non è solo una svista burocratica: può cambiare completamente il destino di una cartella.
Conoscere la normativa – e saperla usare – è la vera arma di semplificazione.
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Semplificare il complesso è il nostro mestiere.