Sommario
- Introduzione: Tutti imprenditori, ma non tutti startup
- Fare impresa (sul serio): assetti, continuità e visione
- Fare startup: hype, investitori e qualche rischio in più
- Le differenze chiave (che fanno tutta la differenza)
- Cosa dice la legge: articoli, decreti e codici
- Startup innovative: vantaggi, requisiti e illusioni
- Quando ha senso (davvero) aprire una startup
- La “moda startup” e i suoi effetti collaterali
- Il Metodo Sempi: costruire, semplificare e crescere
- Conclusioni: meno etichette, più sostanza
1. Introduzione: Tutti imprenditori, ma non tutti startup
“Ho una startup!”
Tradotto in italiano: “Ho un’idea, un dominio, una slide e (forse) un amico che ci crede.”
Oggi l’imprenditorialità sembra un set di Netflix: tutti ambiziosi, tutti con pitch da urlo, tutti in cerca di investitori. Ma quanti hanno davvero un’impresa?
Perché — parliamoci chiaro — fare startup e fare impresa sono due sport diversi. Uno assomiglia a un lancio con il paracadute, l’altro a una maratona ben allenata. E no, non basta darsi un nome figo e usare parole in inglese per essere imprenditori.
2. Fare impresa (sul serio): assetti, continuità e visione
Fare impresa significa costruire un’attività sana, solida e sostenibile nel tempo.
Significa organizzarsi per durare, non solo per “fare il botto”.
Lo dice anche il Codice Civile, art. 2082:
“È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”
Tradotto: niente giochi, niente fiction. Serve organizzazione, responsabilità e capacità di generare valore in modo continuo.
E qui entra in gioco un concetto chiave: la continuità aziendale.
Non è un’opinione: è un obbligo di legge.
Il D. Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa) e l’art. 2086, secondo comma del Codice Civile, impongono all’imprenditore di organizzare l’azienda con adeguati assetti per:
- Prevenire la crisi
- Garantire la continuità aziendale per almeno 12 mesi
- Dimostrare di avere sotto controllo l’equilibrio economico-finanziario
Ecco perché il vero imprenditore non si sveglia la mattina improvvisando: analizza, misura, anticipa, corregge.
Non si tratta solo di contabilità, ma di assetti organizzativi, strategici e gestionali che funzionano anche quando l’imprenditore si assenta o cambia il mercato.
Fare impresa significa avere visione a lungo termine, non solo budget per 6 mesi.
Vuol dire costruire un sistema aziendale replicabile, non una gabbia in cui l’imprenditore si auto-sfrutta per tenere tutto in piedi.
E no, non è sano diventare dipendente nella tua stessa azienda solo perché un investitore ti ha dato un assegno.
Quando diventi dipendente nella tua azienda (senza accorgertene)
È il classico paradosso da startup:
- Trovi un investitore.
- Ti dà soldi in cambio di quote.
- Ti fa firmare patti parasociali e business plan rigidi.
- Ti dà uno stipendio fisso da CEO.
- E ti ritrovi a lavorare… per lui.
Hai creato l’azienda, l’hai fatta crescere… e ora esegui gli ordini, inseguendo l’exit come unico obiettivo, anche se non era quello che volevi.
Hai perso il controllo strategico, decisionale, valoriale.
Hai barattato libertà con liquidità.
Complimenti, sei diventato un dipendente (ben pagato) nella tua creatura.
E spesso quella exit da milioni di euro si rivela una bolla o una gabbia dorata.
3. Fare startup: hype, investitori e qualche rischio in più
Fare startup è una cosa diversa.
Non è meglio o peggio: è diversa.
Una startup nasce con:
- Un modello di business innovativo e scalabile
- Obiettivo di crescita esponenziale (non lineare)
- Forte dose di rischio e incertezza
- Spesso, il sogno dell’exit
Il riferimento normativo è il D.L. 179/2012, che ha introdotto le “startup innovative” e definito i requisiti minimi:
- Costituite da meno di 5 anni
- Fatturato inferiore a 5 milioni
- Nessuna distribuzione di utili
- Sede in Italia
- Oggetto sociale centrato su innovazione tecnologica
Il problema è che molti fanno startup solo per ottenere agevolazioni, senza avere né innovazione né scalabilità reale. E così si finisce a bruciare risorse e tempo senza costruire nulla di solido.
4. Le differenze chiave (che fanno tutta la differenza)
Aspetto | Impresa | Startup |
---|---|---|
Obiettivo | Redditività e continuità | Scalabilità e exit |
Crescita | Graduale e sostenibile | Esponenziale e veloce |
Modello | Testato e replicabile | Sperimentale |
Assetti | Obbligatori per legge | Spesso ignorati |
Controllo | In mano all’imprenditore | Spesso condiviso o ceduto |
Mentalità | Visione lunga | Pressione immediata |
Rischio | Calcolato e monitorato | Elevato e instabile |
5. Cosa dice la legge: articoli, decreti e codici
- Art. 2082 c.c. – Definizione di imprenditore
- Art. 2086 c.c., comma 2 – Obbligo di adeguati assetti
- D. Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi d’Impresa
- D.L. 179/2012 – Normativa startup innovative
- TUIR – Norme fiscali per imprese e startup
Non basta più fare “il furbo”: oggi devi dimostrare che stai gestendo bene, che hai una struttura organizzata, e che sei in grado di prevenire la crisi.
Il controllo di gestione non è un lusso, è una responsabilità legale.
6. Startup innovative: vantaggi, requisiti e illusioni
Cosa offre una startup innovativa?
- Incentivi fiscali per chi investe
- Esonero da diritti camerali
- Accesso al Fondo di Garanzia PMI
- Deroghe al diritto del lavoro
- Regole più flessibili per il fallimento
Sembra un paradiso. Ma attenzione: se dietro non c’è una vera struttura, tutto questo si trasforma in una corsa ad alta velocità… senza freni.
7. Quando ha senso (davvero) aprire una startup
Aprire una startup ha senso se:
- Hai un’idea scalabile, non solo vendibile
- Sei pronto a non guadagnare nulla per mesi (o anni)
- Sei capace di attrarre investitori senza perdere il controllo
- Sei disposto a vivere sull’incertezza
Se invece:
- Vuoi uno stipendio dopo 3 mesi
- Hai un prodotto artigianale
- Lavori in locale
- Pensi di “cavalcare la moda”
…forse è meglio costruire un’impresa vera.
8. La “moda startup” e i suoi effetti collaterali
Fare startup è cool. Lo dice anche LinkedIn.
Ma dietro ci sono spesso:
- Frustrazione
- Pressioni
- Burnout
- Fallimenti silenziosi
Si tende a dimenticare che il 90% delle startup fallisce entro 3 anni.
E quelle che ce la fanno… spesso cambiano pelle, team, modello, valori.
È ora di dire le cose come stanno: non serve una startup, serve un’impresa che funziona.
9. Il Metodo Sempi: costruire, semplificare e crescere
Che tu abbia una startup o un’impresa, senza assetti adeguati, controllo di gestione, e una cultura aziendale solida, sei un equilibrista senza rete.
Il Metodo Sempi ti aiuta a:
- Semplificare la gestione
- Creare assetti organizzativi chiari
- Prevenire la crisi con strumenti smart
- Automatizzare contabilità, incassi e controllo
- Fare impresa vera, anche in un mondo incerto
Perché non si cresce solo con l’idea.
Si cresce con un metodo che semplifica il complesso.
10. Conclusioni: meno etichette, più sostanza
Startup o impresa?
Non è una questione di moda. È una questione di struttura, visione e responsabilità.
Se vuoi durare nel tempo, crescere in modo sano e non diventare dipendente della tua stessa idea… torna alle basi: assetti, strategia, sostenibilità, gestione.
E se vuoi farlo in modo semplice, c’è un metodo per questo. Si chiama Metodo Sempi.